La Guardia di Finanza di Crotone, su richiesta del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Crotone, su richiesta della Procura della Repubblica pitagorica, ha eseguito due fermi a Cirò Marina (KR).
Sono finiti ai domiciliari un ex imprenditore ed un professionista ritenuti responsabili, anche in concorso tra loro, dei reati di usura, estorsione ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria.
In esecuzione del citato provvedimento cautelare, i militari del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Crotone, hanno sottoposto a sequestro n. 2 immobili ubicati nel citato Comune e diversi rapporti bancari e finanziari per un valore di oltre 560 mila euro.
Le indagini, eseguite anche mediante captazioni telefoniche, video ed ambientali, hanno consentito di far luce su una diffusa pratica di concessione “abusiva” di presiti di denaro, esistente quantomeno dal 2008, nel territorio di Cirò Marina e comuni limitrofi. Tale attività illecita, in grado di affiancarsi e sostituirsi ai canali legali del mercato finanziario, ha potuto proliferare, assumendo i contorni di una vera e propria banca e, approfittando delle difficoltà del contesto economico del territorio, mutarsi in pratica usuraia. Emblematiche in tal senso le dichiarazioni di alcune vittime che oramai associavano l’attività illecita a quella di un ulteriore banca presente sul territorio.
Gli indagati, come ricostruito dai finanzieri, hanno concesso prestiti per oltre 920.000 euro nei confronti delle vittime per lo più professionisti, piccoli e medi imprenditori edili e titolari di aziende vitivinicole. A fronte di tali prestiti venivano richiesti a garanzia assegni e titoli di credito da utilizzare, in caso di ritardi nei pagamenti, per attivare le procedure esecutive immobiliari fino al pignoramento dei beni.
In numerosi casi è stata accertata l’applicazione di tassi d’interesse annui, variabili tra il 20% e il 187 %, superiori alla soglia usuraria, grazie ai quali gli indagati hanno potuto ottenere, anche ricorrendo a pratiche estorsive, vantaggi economici per oltre 500 mila euro.
L’indagine ha mostrato infatti come l’operatività criminale fosse fondata sulla pressione psicologica esercitata sulle vittime mediante la minaccia dell’avvio delle citate procedure esecutive, senza il ricorso all’uso della forza.