Ad avere paura e a temere per la propria vita questa volta è G.N., 40 anni di Roma, impiegata presso un noto supermercato della capitale che, lo scorso 27 ottobre, ha iniziato il suo calvario dopo aver denunciato presso la Questura di Roma, Commissariato Aurelio, una situazione pericolosa di cui è vittima. Un uomo, conosciuto per caso, durante le ore di lavoro è diventato in brevissimo tempo un vero e proprio stalker, il suo possibile attentatore. Un uomo che, nonostante il rifiuto da parte di G.N. di avere con lui un ultimo incontro al fine di continuare questa pseudo conoscenza, continua a seguirla a qualsiasi ora del giorno e della notte cercandola ovunque, sul lavoro e a casa. Pedinamenti costanti i suoi a cui si aggiungono telefonate ininterrotte, ma anche atti intimidatori, dal taglio delle gomme della sua auto e quelle dei suoi amici, alle minacce quotidiane. Un piano diabolico il suo per cercare di fare terra bruciata attorno alla donna che ora vive nel terrore. Nonostante le varie integrazioni alla querela presentata il 27 ottobre, a cui si sono aggiunte le memorie e le richieste di misure cautelari da parte dell’avvocato Luisa De Martino e le informative e istanze al Commissariato emesse dall’associazione bon’t worry presieduta da Bo Guerreschi, che ha preso in carico non solo la donna ma anche le sue figlie minorenni, ad oggi la Giustizia è ancora ferma, nulla è stato fatto mentre G.N. e le sue figlie vivono nella paura e hanno dovuto cambiare stile e abitudini di vita. Bo Guerreschi con la sua associazione, in attesa di una risposta da parte della Giustizia, segue e monitora, ora per ora, minuto per minuto, ogni spostamento della donna grazie alla live location, strumento che consente di avere un tracciamento costante degli spostamenti della vittima al fine di garantire protezione e far scattare l’allarme in caso di necessità. “Una donna infatti – afferma la presidente Guerreschi, citando il titolo del suo ultimo libro – non deve morire per essere ascoltata. Chiediamo che alla prima denuncia venga emessa una misura cautelare, anche blanda ma importante per dare un primo segnale, e l’avvio immediato delle indagini a tutela della vittima e della sua famiglia”. E aggiunge “la giustizia manca di velocità, l’80% delle donne non si fida più della Giustizia e teme, come spesso accade, di perdere anche l’affidamento dei figli a seguito della querela. Ed è per questo che chiediamo – sottolinea Guerreschi – che il tribunale penale si interfacci in automatico con quello civile in presenza di minori, per valutare gli effetti che potrebbero avere gli stessi a contatto con il genitore presunto colpevole di violenza”. La bon’t worry, da anni impegnata nella lotta contro la violenza di genere, offre un sostegno legale e psicologico a chi è vittima di violenze attuando un vero e proprio cerchio di assistenza gratuita. Tante sono le donne che si rivolgono e trovano ascolto e protezione presso l’associazione, come E.M. più volte vittima di violenza e che ora teme di essere sfregiata con l’acido e G.B. che vive a Vigonovo, il paese di Giulia Cecchettin, sono solo alcune delle donne seguite dall’associazione. Non si può più aspettare, bisogna intervenire, gli ultimi casi di femminicidio e di sensibilizzazione devono servire ad animare in ognuno di noi un forte senso di rivalsa sociale.
Francesca Russo