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Crotone
Marzo,28,2025

Sequestrati beni per 2 milioni a imprenditore vicino a cosca

Beni per un valore di due milioni di euro sono stati sequestrati dai finanzieri del Comando provinciale di Catanzaro ad un imprenditore vibonese, accusato di essere intraneo alla cosca di ‘ndrangheta Anello – Fruci di Filadelfia (Vibo Valentia) e di numerosi reati fine quali estorsioni, reati in materia di armi, ambientali ed altro.
Il provvedimento di sequestro di prevenzione è stato emesso dal Tribunale di Catanzaro – Sezione misure di prevenzione ed ha riguardato l’intero capitale sociale di una società con sede a Maierato (Vibo Valentia) e del relativo patrimonio aziendale – 4 immobili, 4 terreni, 25 automezzi ed un impianto di produzione di calcestruzzo – riconducibile a Daniele Prestanicola, di 43 anni, di Maierato.
Il sequestro è stato disposto alla luce dei risultati delle indagini economico-patrimoniali coordinate dalla Dda di Catanzaro ed eseguite dal Gico del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Catanzaro che avrebbero accertato anche la pericolosità qualificata dell’imprenditore, coinvolto nell’operazione “Imponimento”.
L’uomo è coinvolto anche nell’inchiesta “Dedalo-Petrolmafie” condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria insieme al Ros dei carabinieri di Catanzaro su delega della Dda, per vicende estorsive aggravate dalla metodologia mafiosa.
Le indagini avrebbero consentito di ricostruire come la cosca abbia potuto garantirsi, attraverso le società riconducibili all’imprenditore, l’acquisizione di commesse per la fornitura di calcestruzzo nei maggiori cantieri attivi nella zona di influenza.
“Emblematici, in tale ambito – riferisce la Dda – risultavano gli episodi estorsivi che hanno coinvolto l’imprenditore, sotto il profilo indiziario, aventi ad oggetto i lavori di ristrutturazione del punto vendita Eurospin di Pizzo (Vibo Valentia), i lavori di costruzione del resorte in località Galla di Pizzo e i lavori di ristrtutturazione della stazione ferroviaria di San Pietro a Maida (Catanzaro)”.
I beni sequestrati, secondo l’accusa, sono stati acquistati con i proventi illeciti, anche in relazione alla sproporzione tra il loro valore e i redditi esigui dichiarati dall’imprenditore e dai suoi familiari.(ANSA)

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