La 24esima edizione di Ecosistema Urbano di Legambiente, l’annuale rapporto sulle performance ambientali delle città capoluogo realizzato con il contributo scientifico dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia e la collaborazione editoriale de Il Sole 24 Ore, è stato presentato oggi a Milano. Tra i relatori, anche il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto: la città capoluogo di provincia è alla posizione numero 13 della classifica nazionale del Rapporto. Presente all’evento anche il presidente di Legambiente Calabria, Francesco Falcone. Il punteggio del Rapporto viene assegnato sulla base dei risultati qualitativi nei 16 indicatori considerati dal rapporto che coprono sei principali tematiche: aria, acqua, rifiuti, mobilità, ambiente urbano, energia. Nel dettaglio: Cosenza si aggiudica il tredicesimo posto con un punteggio del 62,92%; Catanzaro al 59° posto con il 48,87%; Reggio Calabria al 63° posto con il 48,00%; Crotone la posizione 87 con il 39,29% e Vibo Valentia al 91° posto con il 35,77%. C’è un’Italia delle città che ha già cambiato passo. Che gestisce il ciclo dei rifiuti come e meglio di tante altre realtà europee, che ha cambiato stili di mobilità, trovato la formula giusta per depurare gli scarichi, contenere i consumi idrici e lo sperpero d’acqua potabile, che investe sulle rinnovabili, che ha significative esperienze di rigenerazione e rifunzionalizzazione degli spazi pubblici. L’esempio arriva in primis da Mantova (1°), Trento (2°), Bolzano (3°), Parma (4°), Pordenone (5°) e Belluno (6°), che guidano quest’anno la classifica di Ecosistema Urbano 2017 dimostrando di essere città dinamiche e di credere fortemente nel cambiamento. Tutte e sei, ad esempio, sono nel gruppo dei centri urbani che hanno raggiunto e superato gli obiettivi di raccolta differenziata dal decreto Ronchi del 1997 (obiettivi saliti al 65%), Mantova per dire sfiora l’80% di RD e inoltre, insieme a Trento figura ai primissimi posti anche per quello che riguarda la depurazione dei reflui e il contenimento delle perdite di acqua potabile dalla rete idrica (c’è un tasso di dispersione vicino al 20%); mentre Pordenone è sotto il valore fisiologico del 15%. Di nuovo Pordenone (29 alberi ogni 100 abitanti) e Mantova (32 alberi ogni 100 abitanti) sono nella top ten delle città più alberate. Bolzano, insieme a Mantova, è tra i centri urbani con la più estesa dotazione infrastrutturale per la ciclabilità. A Belluno e Bolzano tira una buona aria, in particolare la città dell’Alto Adige in dieci anni ha ridimensionato del 40% il peso delle polvere sottili. Questa smartness, ossia questa capacità di alcuni capoluoghi di proiettarsi verso un nuovo modello urbano – più sano, più vivibile, più accessibile, più efficiente, più moderno. Un cambiamento che non riguarda solo le medie e piccole città del Nord, ma che coinvolge anche i grandi centri urbani – come Milano che nel corso degli anni s’è lasciata alle spalle il fondo della classifica arrivando quest’anno alla 31esima posizione grazie a scelte coraggiose e innovative come l’Area C, il car sharing e potenziando il trasporto pubblico o Bologna che si è conquistata un posto al sole, con una potenza di fotovoltaico sui tetti di scuole e uffici pubblici che in numeri assoluti non ha pari in Italia – e il Sud Italia. Ad esempio Oristano (10°), in Sardegna, che figura nella top ten dei capoluoghi, ricicla più spazzatura (oltre il 70%) di tanti Comuni settentrionali ed è protagonista di un buon incremento del fotovoltaico pubblico. Tra gli altri centri urbani virtuosi c’è Cosenza (13°) tra 2011 e 2016 è balzata dal 21% al 53% di raccolta differenziata. E Pesaro (24°), centro Italia, non è tra le primissime, ma è tra quelle dove si notano più passi avanti, in modo particolare nel campo della mobilità nuova con il progetto della Bicipolitana. Ecosistema Urbano 2017 è stato presentato oggi a Milano in un incontro che ha visto la partecipazione, tra gli altri, della presidente nazionale di Legambiente Rossella Muroni e del ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti, oltreché di numerosi sindaci e amministratori locali delle città capoluogo. L’incontro è stato anche l’occasione per presentare alcune nuove infrastrutture urbane già realizzate o da realizzare come la tramvia di Palermo, la linea T1 della tranvia di Firenze, la stazione Toledo della metro di Napoli, quella di San Giovanni della metro C, il GRAB+ di Roma o la M4 di Milano. “Quella urbana – dichiara la presidente di Legambiente Rossella Muroni – è una grande questione nazionale. Nelle città si gioca una partita importante, è qui che passa la sfida dell’innovazione e della sostenibilità ambientale, della coesione sociale e dell’integrazione, della rigenerazione urbana e una parte della lotta ai cambiamenti climatici. Per questo è fondamentale che a livello nazionale venga definito un piano per le città metropolitane che garantisca investimenti economici e politiche coerenti per sostenere i comuni virtuosi ma, anche e soprattutto, per colmare vuoti di competenze e di volontà politica che stanno condannando, ad esempio, il nostro Paese a soffocare nello smog. Milano, in occasione del network C40, è l’unica città italiana insieme ad altre 11 metropoli ad aver preso impegni concreti per città più verdi e sane, con “zone a zero emissioni, e libere dalle energie fossili entro il 2030. Ma è importante che anche le altre città italiane si mobilitino e che vengano replicate su tutto il territorio nazionale quelle esperienze virtuose, ben sintetizzate in Ecosistema Urbano 2017, capaci di coinvolgere i cittadini con scelte coraggiose, idee civili e civiche di sviluppo ed evoluzione urbana come è avvenuto per l’Area C di Milano e la Bicipolitana di Pesaro e come potrebbe accadere se venissero realizzate tante opere pubbliche di qualità e utili come il GRAB, il Grande Raccordo Anulare delle Bici di Roma, progetto partecipato ideato e disegnato da Legambiente e tante altre realtà associative”. “Si potrebbe esser tentati di estrarre una immodificabile formula matematica dai dati di Ecosistema Urbano – commenta Alberto Fiorillo, responsabile aree urbane di Legambiente e curatore insieme a Mirko Laurenti del report – Affermare che la qualità ambientale è cosa che appartiene in via esclusiva alle piccole e medie città del Nord sarebbe però parziale e iniquo rispetto ad alcune realtà che si danno da fare, lavorano e si trasformano anche in altre aree del Paese come Oristano, Pesaro, Cosenza o la stessa Milano che di sicuro non è una cittadina di provincia. L’Italia del buon ecosistema urbano, allora, è principalmente l’Italia che fa, che fa bene e spende bene le sue risorse, che si evolve e pianifica le trasformazioni future, che non s’accontenta dello scenario contemporaneo, che in uno o più ambiti produce ottime performance o raggiunge l’eccellenza. Il rammarico è legato al fatto che questa eccellenza non riguarda in nessun capoluogo tutti gli aspetti della qualità ambientale e dei servizi al cittadino”. La coda della graduatoria ambientale urbana – che quest’anno vede Enna (104°), Brindisi (103°), Viterbo (102°) – è il luogo dove si concentrano risultati mediocri nei vari indicatori considerati e anche tante lacune nella disponibilità di informazioni sullo stato di salute ambientale della città. Nelle ultime venti posizioni, si trovano anche Napoli (86°) e Roma (88°) ciclicamente vittime dell’emergenza smog e rifiuti. Dando, invece, uno sguardo complessivo, il quadro che emerge è il seguente. Sul fronte aria, per il Pm10 – tra 2016 e 2015 – scendono da 49 a 36 i capoluoghi che superano per più dei 35 giorni consentiti dalla normativa nell’arco dell’anno il tetto massimo delle polveri sottili. In 6 città si va addirittura oltre il doppio dei giorni di superamento (erano 21 nel 2015) con record negativi a Torino, Frosinone e Milano. Stabili da un anno all’altro le città (sono 26) con situazioni critiche per il biossido di azoto, dove almeno una centralina ha registrato medie annue super
iori ai 40 microgrammi/mc. Quattro Comuni scavalcano il limite di oltre il 50% in almeno una centralina: Torino, Roma, Firenze e Milano. Relativamente all’ozono si riduce a 39 (dalle 59 del 2015) il numero di capoluoghi dove è stata superata la soglia di protezione della salute umana e rimangono due situazioni allarmanti (Genova e Alessandria) con dati superiori al triplo del valore soglia. Per il rumore, invece, non ci sono dati pubblici aggiornati sufficienti per un confronto e una valutazione approfondita. La legge quadro sull’inquinamento acustico del 1995 ha previsto l’obbligo per i Comuni di realizzare un piano di classificazione acustica del proprio territorio, prologo delle necessarie azioni di risanamento. Dopo 20 anni c’è ancora un 75% dei Comuni che non solo non ha abbassato il rumore, ma non ha nemmeno approvato il piano. Legambiente nel 2017 ha riscontrato eccessivi livelli di rumorosità nell’80% dei rilevamenti effettuati in 11 città campione. Nel 2016 sono 17 i capoluoghi con perdite idropotabili superiori al 50%, con punte di oltre il 60% a Frosinone, Vibo Valentia, Campobasso, Latina, Nuoro e Oristano. Come lo scorso anno sono soltanto 6 le città virtuose che riescono a contenere le perdite a meno del 15 per cento (Monza, Foggia, Macerata, Lodi, Ascoli, Pordenone). Sul lato depurazione, sono 4 le città che non raggiungono il 50% di scarichi trattati in impianti idonei: Palermo, Treviso, Catania e Benevento. Nel 2016 si è registrato un incremento del +2,27% della raccolta differenziata passata dal 45,15% del 2015 al 47,42% del 2016. A Pordenone (86,6%), Treviso (85,3%), Trento (81,6%) la migliore gestione dei rifiuti. Per il sud la migliore è Benevento. Male invece Palermo, Enna, Caltanissetta, Agrigento e Siracusa che sono sotto il 10%. Mediamente le città italiane più grandi producono più rifiuti rispetto alla media europea, ma le percentuali di raccolta differenziata sono quasi sempre migliori: Torino e Milano, ad esempio, avviano a riciclaggio una quantità di spazzatura quattro volte maggiore di quella di Madrid o Parigi. Le città dove si usa di più il trasporto pubblico sono Venezia e Milano tra i grandi centri urbani, Brescia, Trento e Cagliari (il capoluogo sardo tra l’altro si conferma ancora il migliore per quel che riguarda l’offerta di bus per passeggero a chilometro di rete) tra quelli di medie dimensioni, Siena e Belluno tra le città con meno di 80mila abitanti. Si stima per il nostro Paese un possibile risparmio di 12 miliardi di euro l’anno, quasi un punto percentuale di PIL, se i trasporti urbani delle 14 città più grandi fossero più efficienti in termini di rapidità, qualità ambientale, sicurezza. Ci sono poi diversi centri urbani che cominciano a praticare forme di mobilità nuova: a Bolzano, Firenze, Pisa, Torino, Milano, Bologna, Venezia, Ferrara più del 50% degli abitanti cammina, pedala, usa i mezzi pubblici. La sharing mobility è una realtà per un milione di italiani. Firenze, Milano e Torino sono le città con la maggiore offerta di mobilità condivisa. Quelle invece più bike friendly, dove più di un cittadino su cinque utilizza preferibilmente la bici per i propri spostamenti, sono Bolzano, Pesaro, Ferrara, Treviso, Reggio Emilia. Quest’ultima nel 2016 si conferma la città con più infrastrutture per la ciclomobilità, insieme a Cremona e Mantova. L’estensione delle isole pedonali nei Comuni capoluogo, negli ultimi tre anni di rilevazione, risulta stabile intorno a 0,40m2 per abitante. Le città che hanno un valore almeno doppio rispetto alla media sono 12: le più camminabili, oltre al caso particolare di Venezia, sono Verbania, Terni, Lucca, Cremona, Firenze e Pescara. Se da una parte cresce la voglia di una mobilità alternativa, dall’altra in Italia l’auto resta ancora il mezzo di trasporto più ingombrante come si evince dal tasso medio di motorizzazione: 624 auto ogni 1000 abitanti, (a Madrid sono 411, a Berlino 392, a Londra 331 e a Parigi appena 166). Nel nostro Paese oltre al caso particolare di Venezia (che conta 424 auto ogni 1.000 abitanti), solo a Genova e La Spezia si registra un tasso inferiore o uguale a 500 auto per 1.000 abitanti, seguite da Milano, Firenze, Bologna e Trieste. Per la diffusione del solare termico e fotovoltaico installato su strutture pubbliche brillano Padova, Macerata, Pesaro e Verona. Infine gli alberi: a quattro anni di distanza dall’approvazione della legge nazionale 10/2013 Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani, soltanto il 62% dei capoluoghi è stato in grado di fornire un bilancio del numero di alberi esistenti in aree di proprietà pubblica (strade e parchi). Nonostante un tasso di risposta ancora insoddisfacente ci sono 21 città che presentano una dotazione superiore a 20 alberi/100 abitanti e le 6 migliori superano i 30 alberi/100 abitanti (Bologna, Mantova, Rimini, Arezzo, Modena, Brescia).