Dopo il calo vistoso fino all’anno accademico 2013/14, dal 2014/15 c’è stata una ripresa delle immatricolazioni che sono arrivate nel 2018/19 a +11,2% rispetto al 2013/14. Nonostante ciò, dal 2003/04 al 2018/19 le università hanno perso oltre 37mila matricole, con una contrazione del 11,2%. Il calo delle immatricolazioni è più accentuato nelle aree meridionali (-23,6%), tra i diplomati tecnici e professionali e tra coloro che provengono dai contesti familiari meno favoriti. Emerge dal Rapporto Almalaurea. L’età media alla laurea per i laureati del 2019 è pari a 25,8 anni: 24,6 anni per i laureati di primo livello, 27,1 per i magistrali a ciclo unico e 27,3 anni per i laureati magistrali biennali. Un dato che tiene conto anche del ritardo nell’iscrizione al percorso universitario (si tratta del ritardo rispetto alle età “canoniche” dei 19 anni, per la laurea di primo livello e per quella a ciclo unico, e di 22 anni, per la magistrale biennale), che tra i laureati del 2019 in media è pari a 1,4 anni. E’quanto emerge dal XII Rapporto AlmaLaurea presentato oggi. L’età alla laurea è diminuita in misura apprezzabile rispetto alla situazione pre-riforma e continua a diminuire negli ultimi anni: l’età media era infatti 27,1 anni nel 2009, di oltre anno più elevata rispetto alla situazione attuale. La regolarità negli studi, che misura la capacità di concludere il corso di laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti, ha registrato negli ultimi anni un forte miglioramento. Se nel 2009 concludeva gli studi in corso il 39,2% dei laureati, nel 2019 la percentuale raggiunge il 55,7%, in particolare il 61,0% tra i magistrali biennali, il 56,1% tra i laureati di primo livello e il 43,5% tra i magistrali a ciclo unico. Inoltre, se dieci anni fa a terminare gli studi con quattro o più anni fuori corso erano 15,8 laureati su cento, oggi si sono quasi dimezzati (8,1%). Il Rapporto registra differenze rilevanti con riferimento alla ripartizione geografica dell’ateneo: a parità di condizioni, rispetto a chi si laurea al Nord, chi ottiene il titolo al Centro impiega il 12,5% in più e chi si laurea al Sud o nelle Isole il 19,8% in più. Il voto medio di laurea è sostanzialmente immutato negli ultimi anni (103,1 su 110 nel 2019, stesso valore osservato nel 2009): 100,1 per i laureati di primo livello, 105,3 per i magistrali a ciclo unico e 107,9 per i magistrali biennali. Fra i laureati magistrali biennali la votazione finale è molto elevata, in particolare per un effetto di tipo incrementale rispetto alla performance ottenuta alla conclusione del percorso di primo livello (nel 2019 l’incremento medio del voto di laurea alla magistrale rispetto alla laurea di primo livello è di 7,7 punti su 110). La quota di laureati di cittadinanza estera è del 3,7% nel 2019; sono esclusi i laureati della Repubblica di San Marino. E’ una quota che risulta in crescita: secondo i dati AlmaLaurea era pari al 2,7% nel 2009. Emerge dal XII Rapporto AlmaLaurea presentato oggi, presente il ministro dell’Istruzione Gaetano Manfredi. Si tratta in misura crescente di giovani che provengono da famiglie immigrate e residenti in Italia: ben il 42% dei laureati di cittadinanza non italiana ha conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado nel nostro Paese: tale quota era il 28,2% nel 2011. Invece, la quota di cittadini stranieri in possesso di un diploma all’estero è il 2,1% dell’intera popolazione indagata, percentuale pressoché stabile negli ultimi anni. Il valore sale al 4,3% tra i magistrali biennali e si attesta all’1,5% tra i magistrali a ciclo unico e all’1,2% tra quelli di primo livello. Per quanto riguarda la provenienza, mentre nel complesso dei cittadini stranieri, compresi i diplomati in Italia, oltre la metà proviene dall’Europa (in particolare da Romania e Albania, rispettivamente l’11,4 e il 10,8%), nel gruppo di laureati stranieri che hanno conseguito il diploma all’estero scende la quota di chi proviene dall’Europa (36,6%) e lo Stato più rappresentato è, con il 13,0%, la Cina. I laureati stranieri che hanno conseguito il diploma all’estero si indirizzano verso specifici ambiti disciplinari, quali architettura (4%) e ingegneria (3,2%); all’opposto, in tre gruppi disciplinari (insegnamento, giuridico e educazione fisica) i laureati esteri con diploma conseguito all’estero sono meno dell’1%. Nel 2019 il tasso di occupazione dei laureati è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 74,1% tra i laureati di primo livello e al 71,7% tra i laureati di secondo livello, con valori in aumento rispetto al passato. Il confronto con le precedenti rilevazioni, infatti, evidenzia un tendenziale miglioramento del tasso di occupazione che, rispetto al 2014 (anno che ha rappresentato il punto di svolta), risulta aumentato di 8,4 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 6,5 punti per i laureati di secondo livello. E’ quanto evidenzia il Rapporto AlmaLaurea illustrato oggi, secondo il quale si tratta di segnali positivi che, tuttavia, non sono ancora in grado di colmare la significativa contrazione del tasso di occupazione osservabile tra il 2008 e il 2014 (-16,3 punti percentuali per i primi; -15,1 punti per i secondi). La retribuzione mensile netta a un anno dal titolo è nel 2019, in media, pari a 1.210 euro per i laureati di primo livello e a 1.285 euro per i laureati di secondo livello. Rispetto all’indagine del 2014 le retribuzioni reali (ovvero che tengono conto del mutato potere d’acquisto) a un anno dal conseguimento del titolo figurano in aumento: +16,7% per i laureati di primo livello, +18,4% per quelli di secondo livello. L’aumento rilevato, tuttavia, non è ancora in grado di colmare la significativa perdita retributiva registrata nel periodo più difficile della crisi economica che ha colpito i neolaureati, ovvero tra il 2008 e il 2014 (-28,7% per il primo livello, -21,2% per il secondo livello). Lo scorso anno, ad un anno dal conseguimento del titolo, la forma contrattuale più diffusa è il lavoro non standard, prevalentemente alle dipendenze a tempo determinato, che riguarda oltre un terzo degli occupati. Oltre la metà degli occupati, a un anno, considera il titolo di laurea “molto efficace o efficace” per lo svolgimento del proprio lavoro.