Patrick Zaki resta in carcere. Non si sa ancora per quanti giorni, ma per ora ci resta. E’ questo in sostanza l’esito di una nuova udienza sul rinnovo della custodia cautelare al Cairo per lo studente egiziano dell’università “Alma Mater” di Bologna in prigione in Egitto da oltre un anno e mezzo con l’accusa di propaganda sovversiva su internet. “E’ stata rinnovata”, ha detto all’ANSA una sua legale, Hoda Nasrallah, riferendosi alla custodia cautelare ma senza poter precisare per quanti giorni: questo verrà notificato “domani o dopodomani”, ha aggiunto l’avvocatessa contattata per telefono. L’annuncio è arrivato prima del previsto, dato che in genere la notifica dell’esito delle udienze viene dato il giorno dopo, ma stavolta è stata una delle rare eccezioni a questa regola. Si tratta dunque ora di apprendere se l’ennesimo prolungamento sarà, come di norma, di 45 giorni o meno, come ha lasciato supporre la legale senza voler formulare ulteriori previsioni sull’esito dell’udienza svoltasi presso il Tribunale allestito nell’Istituto per assistenti di polizia, annesso al carcere di Tora, all’estrema periferia sud del Cairo dove Patrick è rinchiuso dormendo per terra. Viene disatteso dunque l’augurio espresso da Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, che per Patrick “18 mesi e mezzo di detenzione, senza potersi difendere” fossero “sufficienti”. E resta ancora senza risultati la mobilitazione italiana in suo favore, culminata istituzionalmente in una richiesta della Camera dei deputati al Governo di cittadinanza italiana. Eppure, su richiesta italiana, diplomatici delle Ambasciate di Italia, Regno Unito e Usa si erano recati in tribunale al Cairo nell’ambito del meccanismo di osservazione processuale dell’Unione europea. Diplomatici italiani hanno seguito tutte le udienze e anche stavolta sono intervenuti in rappresentanza di tutta l’Ue. Già da mesi non è più consentito agli esterni, e quindi nemmeno ai diplomatici, l’accesso al Tribunale per la sicurezza di Stato dove si svolgono le udienze e i funzionari, come di consueto, hanno depositato una comunicazione scritta per segnalare al giudice l’interesse per il caso e la volontà di riprendere ad assistere alle sedute. I diplomatici hanno comunque colto l’occasione per raccogliere aggiornamenti dall’avvocatessa di Patrick, Hoda Nasrallah, e parlare con attivisti che lo sostengono. Patrick fu arrestato il 7 febbraio 2020 ma la custodia cautelare in Egitto può durare due anni con possibilità di prolungamenti se emergono nuovi elementi d’accusa. Se si andrà a processo, secondo Amnesty International, il ricercatore-attivista per i diritti umani e civili rischia fino a 25 anni di carcere. Le accuse a suo carico sono basate su dieci post di un account Facebook che i suoi legali considerano curato da un’altra persona ma che hanno configurato fra l’altro la “diffusione di notizie false”, “l’incitamento alla protesta” e “l’istigazione alla violenza e ai crimini terroristici”.