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Novembre,15,2024

"PRISONERS TAX", IL TRAFFICO DI DROGA ED ESTORSIONI GESTITO DALLA COSCA PROCOPIO-MONGIARDO

di Antonio Capria
Era guidata dal presunto reggente di una cosca di ‘ndrangheta l’organizzazione dedita al traffico di droga e alle estorsioni sgominata dai carabinieri della Compagnia di Soverato e dal Comando provinciale di Catanzaro con l’operazione Prisoners Tax, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, che ha portato all’applicazione di misure cautelari disposte dal gip Antonio Battaglia nei confronti di 25 persone. In particolare 9 indagati sono finiti in carcere, 8 ai domiciliari e per altri 8 è stato disposto l’obbligo di dimora. In carcere sono finiti Antonio Arena, 38 anni; Ernesto Bertucci, di 39; Giuseppe Corapi, di 36; Romano Ponzo, 48; Carmine Procopio, 32; Domenico Procopio, 55; Sergio Scicchitano, 40 anni; Domenico Spadea, 27 anni; Carmela Vono, 45 anni. Ai domiciliari sono andati Matteo Arena, 27 anni; Alessandro Aversa, 47 anni; Giuseppe Codispoti, 23 anni; Francesco Grande di 24; Annamaria Gregoraci, di 24; Giovanni Gregoraci, 25 anni; Roberto Ierace, 25 anni; Salvatore Lioi di 33. Il gip ha disposto l’obbligo di dimora per Raffaele Campagna di 28 anni; Stefano Longo di 30; Vincenzo Pacicca, 37 anni; Salvatore Procopio di 29; Giuseppe Santise, 29 anni; Saverio Spadea di 52; Sergio Tassone, 27 anni, Marco Verdiglione di 24. Le accuse contestate a vario titolo sono quelle di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, spaccio di droga ed estorsione. Sono 39 nel complesso gli indagati. “Si tratta di un’indagine importante – ha spiegato il capo della procura distrettuale antimafia Nicola Gratteri – perché colpisce una famiglia di ‘ndrangheta, quella dei Procopio, che domina sul piano criminale a Soverato e nel comprensorio di Soverato. Si tratta di un’inchiesta realizzata molto bene, fondata su intercettazioni incontrovertibili, quasi in chiaro. Di particolare rilievo  sono gli elementi da cui emerge che la cosca Procopio-Mongiardo interagiva con le potenti cosche Gallace di Guardavalle e Nirta-Strangio di San Luca”. Il leader del gruppo, secondo gli investigatori, era Domenico Procopio, di 55 anni, ritenuto l’attuale reggente della cosca Procopio – Mongiardo. Era lui, tramite i propri adepti, a mantenere costanti contatti con soggetti riconducibili alle cosche Strangio di San Luca e Gallace di Guardavalle per l’approvvigionamento di droga. Nel corso della conferenza stampa tenuta in procura gli inquirenti hanno spiegato che la copertura ‘ndranghetistica dava la possibilità agli appartenenti al sodalizio di rapportarsi con i venditori all’ingrosso. “Un traffico di sostanze stupefacenti non si imbastisce dall’oggi al domani – ha spiegato il procuratore aggiunto Vincenzo Luberto – ma deve avere sempre una sorta di copertura, una legittimazione e un’autorizzazione, e in questo caso arrivava da fornitori all’ingrosso di serie A, con la marijuana venduta dai Gallace e la cocaina dagli Strangio-Nirta”. Cocaina, hascisc e marijuana venivano spacciate nei comuni di San Sostene, Davoli, Montepaone e Gasperina, ma parte dello cocaina era destinata fuori regione. “Il traffico di stupefacenti non era limitato solo all’ambito locale – ha aggiunto Luberto – ma si estendeva anche al mercato di Avellino, segno di una leadership della ‘ndrangheta, capace di imporre prezzi concorrenziali”. Secondo i magistrati si ripete lo schema operativo dell’operazione ‘Last Generation’ che un mese fa ha portato all’arresto di un altro gruppo criminale che operava sempre nel Soveratese. Tra i due gruppi emerge un contatto, Raffaele Campagna, destinatario di misura in entrambe le operazioni. Il fulcro dell’attività criminale era un bar del centro di San Sostene gestito dalla famiglia Procopio, in cui questa mattina i carabinieri hanno effettuato delle perquisizioni. “San Sostene era una base logistica, un punto di ritrovo operativo importante per il sodalizio che qui incontrava i reggini per rifornirsi di cocaina – ha spiegato il comandante della Compagnia di Soverato capitano Gerardo De Siena –  ma incontrava anche esponenti delle cosche del vibonese che erano interessate all’affare illecito legato al taglio boschivo. A Gasperina la piazza era gestita un intero nucleo familiare, genitori e figli minori che si occupavano dello spaccio tra le mura domestiche”. I bambini venivano usati come inconsapevoli corrieri della droga, ma non solo. “Diversi sono gli episodi di estorsione nei confronti degli assuntori che non pagavano. In un caso, con la minaccia di gravi ritorsioni, gli indagati si sono fatti consegnare i soldi dai genitori di un giovane cliente”, ha detto il comandante provinciale dell’Arma, colonnello Marco Pecci, che ha rimarcato la “agghiacciante capacità di controllo del territorio da parte dell’organizzazione, che aveva messo le mani su tutti i settori economici”. Il colonnello Pecci ha quindi evidenziato “l’importanza di una risposta delle forze dell’ordine in un periodo dell’anno nel quale in questa area della Calabria c’è un consistente aumento di turisti, anche giovani”. “Al vertice dell’organizzazione criminale colpita dall’operazione ci sono tre persone, Domenico Procopio, Carmine Procopio e Giuseppe Corapi – ha spiegato il comandante del Reparto operativo dei carabinieri di Catanzaro, tenente colonnello Giuseppe Carubia -. Erano loro che tenevano i rapporti con i narcos e a loro si rivolgevano gli affiliati e i referenti dell’organizzazione per ogni decisione che riguardava l’approvvigionamento, i prezzi da praticare e ogni altra decisione di rilievo”. Il sodalizio poteva contare anche sulla presenza attiva di alcune donne, due delle quali colpite da provvedimenti cautelari. Dalle indagini è emerso anche che i proventi illeciti erano utilizzati per il sostentamento di detenuti per associazione di tipo mafioso, appartenenti alla cosca Procopio-Mongiardo, reclusi in diversi istituti penitenziari in Italia. Da qui il nome in codice dell’operazione. Una evidenza investigativa che per gli inquirenti delinea la natura mafiosa dell’organizzazione, sebbene il gip abbia ritenuto di non contestare agli indagati il reato di associazione mafiosa. Secondo il colonnello Carubia, “è evidente la riconducibilità di questa organizzazione alla famiglia Procopio-Mongiardo, già riconosciuta come cosca nel 2014 in sede giudiziaria”.
Le indagini dirette dal procuratore capo Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Luberto, e dai sostituti Debora Rizza e Alessandro Prontera, sono state avviate nell’estate del 2016 dopo una serie di controlli antidroga dai carabinieri del Nucleo operativo della Compagnia di Soverato con il supporto delle Stazioni di Gasperina e Davoli. Nel corso delle indagini sono stati sequestrati oltre sette chili di droga, arrestate in flagranza 12 persone e documentate circa cento transazioni, tra cessioni di droga e pagamenti. In seguito delle perquisizioni effettuate stamane nel corso dell’operazione, che ha avuto anche la collaborazione dello Squadrone Eliportato Carabinieri Cacciatori, del Nucleo cinofili e del Nucleo elicotteri di Vibo Valentia, sono stati arrestati in flagranza di reato due genitori, Saverio Spadea e Carmela Vono, sorpresi a nascondere la droga nella stanzetta dei bambini.
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