Una donna (Maria) con le mani giunte sul petto e con le spalle coperte da una giacca militare, un uomo (Giuseppe) che con una lanterna illumina tutto intorno a sé, circondato da macerie su cui giace un bambino. Dietro, sullo sfondo, la parola pace scritta in tutte le lingue del mondo, con una colomba che veste un giubbotto militare anti proiettile mentre vola su quel campo di battaglia portando nel becco il ramoscello della pace. Sull’altro lato, invece, accanto a “No war. No wall” compare la scritta “Welcome to Palestine. Welcome to Bethlehem”. E’ questo il presepe realizzato nella parrocchia Santa Maria Cattolica Maggiore a Cortale, nella Diocesi di Lamezia Terme, dove, tra i detriti sparsi per terra, campeggia una grata in legno su cui è riportato un brano tratto dalla Lettera di Paolo agli Efesini: “Egli, infatti, è la nostra pace colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne”. “I conflitti che si consumano in diversi Paesi del mondo – spiega il giovane parroco, don Luca Gigliotti, che è anche direttore dell’Ufficio di Pastorale giovanile della Diocesi – non sono cosa distante da noi. Quelle terre sono la nostra terra, quelle sono le storie dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. La pace parte anche da qui, parte anche da me. Il presepe di quest’anno è un invito a pregare perché la pace possa tornare nei Paesi colpiti da conflitti, è un invito a provare a perseguire la via della riconciliazione, è un segno di speranza perché tra le macerie possa nascere il Principe della pace… e non ci siano più macerie da raccogliere, non più lacrime da raccogliere”. Quindi, nel riprendere la riflessione di papa Francesco secondo cui “l’audacia della pace è la profezia richiesta a quanti hanno in mano le sorti dei Paesi in guerra, alla Comunità internazionale, a tutti noi, specie agli uomini e alle donne credenti, perché diano voce al pianto delle madri e dei padri, allo strazio dei caduti, all’inutilità delle distruzioni, denunciando la pazzia della guerra”, don Luca ricorda la sollecitazione di don Tonino Bello: “In piedi costruttori di pace”. (Ansa)