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Dicembre,24,2024

IL GARANTE MARZIALE SU DIBATTITO TV E MINORI

“Per quanto annoso possa essere il dibattito su Tv e Minori, esiste una legge che ne regolamenta il rapporto e che le emittenti ad ogni livello sono tenute a rispettare”. Così afferma il sociologo Antonio Marziale, Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Calabria, che denuncia:  “La trasmissione ‘Presa Diretta’ di lunedì 11 settembre, con annesso taglio di gola in primo piano ed altre immagini parimenti cruente, non ha apposto   alcun filtro per tutelare non solo i bambini, ma anche gli spettatori incapaci di reggere emotivamente l’impatto visivo”.  Marziale, che nel ruolo di presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori è stato tra gli estensori della legislazione vigente, si dice “indignato per tanta leggerezza dispensata in prima serata dal servizio pubblico, quello che incassa il canone e che più delle altre emittenti è tenuto al rispetto delle leggi. Sacrosanto il diritto all’informazione – aggiunge Marziale – ma dovrebbe essere rispettato anche lo spirito di tutte quelle leggi e sentenze della Corte di Cassazione che contemplano il diritto alla tutela dei bambini, prioritario rispetto ad ogni altro diritto”. “Provvedo stamattina stessa a denunciare formalmente gli accadimenti all’Agcom, tenuta a infliggere le sanzioni previste -evidenzia il sociologo- alla Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai, ai vertici aziendali e anche al presidente del Consiglio dei Ministri, Paolo Gentiloni, che da Ministro delle Comunicazioni del governo Prodi ebbe modo di lavorare proprio sulle norme varate dal Codice Tv e Minori, recepito dalla legge Gasparri e, dunque, sensibile conoscitore del problema.  Laddove non arriva la sensibilità – conclude Marziale- arrivino le sanzioni, che se non applicate autorizzano chiunque a rifiutare il pagamento del canone, perché il Contratto di Servizio che fa della Rai azienda di Stato e la autorizza a prelevare il canone prevede che le leggi a tutela dei più piccoli e delle famiglie siano rispettate, altrimenti cessa di essere servizio pubblico”.

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