Un tavolo, due sedie, tante polaroid e luci soffuse. “Snaps-Oltre lo sport” di Roly Kornblit racconta la storia di Denis Bergamini, biondo centrocampista del Cosenza, ucciso sulla SS106 a Roseto Capo Spulico il 18 novembre 1989. Tra sentimenti di nostalgia, tristezza, dolore, ma soprattutto tanta rabbia la sorella di Denis, Donata, ripercorre la tragica storia del forte centrocampista con la maglia n° 8. Donata Bergamini rievoca gli anni felici della sua infanzia vicino a un fratello che adorava e aveva pochi mesi di differenza da lei ma ripercorre soprattutto 30 anni di lotte, per arrivare a fare luce su una ‘triste verità’: quella di una ‘morte fatta passare per un suicidio’. Le prime indagini conclusero infatti che Denis si era lanciato sotto un camion e una foto in bianco nero lo aveva immortalato. Ma quella foto a Donata e a suo padre non ha mai convinto e oggi dopo 30 anni, grazie alla sua ostinazione è emerso chiaramente che Denis è stato ucciso. “La prima verità l’abbiamo già raggiunta quando abbiamo riesumato il corpo di Denis il 10 luglio del 2017 – spiega Donata Bergamini a Roly Kornblit – Quel giorno il suo corpo ha parlato e grazie alle nuove tecnologie è emerso che era stato prima soffocato e poi adagiato sull’asfalto e schiacciato dal camion. Adesso però cerchiamo la giustizia, i responsabili”. Ed ancora, alla domanda di Roly Kornblit se ha ancora fiducia nella magistratura, la sorella di Denis risponde: “Avevo trovato un procuratore che mi aveva ridato fiducia nella magistratura, anche se non l’avevo mai del tutto persa. Ma nel momento più bello, quando finalmente pensavo di essere arrivata alla verità, la magistratura mi ha fucilato: è arrivato il trasferimento del procuratore Eugenio Facciolla: trasferimento che non riesco proprio a digerire. Ho scritto una lettera al procuratore Nicola Gratteri in cui esprimo tutta la mia rabbia perché non siamo ancora arrivati alla verità. Non è accettabile per una famiglia a un passo dalla verità e dalla giustizia, che a un procuratore non venga data l’opportunità di portare a termine il proprio lavoro. Certamente lo può portare a termine qualcun altro, ma bisogna vedere come lo fa”. Donata Bergamini che precisa: “Senza nulla togliere al procuratore che arriverà, ritengo che la giustizia sia veramente crudele: il primo procuratore è stato promosso, il secondo è andato in pensione e chi ha effettivamente lavorato è stato trasferito. Non credo sia giusto e non riesco a credere che sia casuale. In 30 anni ne sono successe troppe”. Una Donata Bergamini che alla fine della trasmissione, conclude, “io non mi fermerò, non mi posso fermare. E sarebbe giusto che nessuno si fermasse, neanche la magistratura e che il CSM mi appoggiasse visto come sono stata trattata per 30 anni”.