La Guardia di Finanza di Como, coordinata dalla Procura della Repubblica di Como, ha confiscato disponibilità patrimoniali appartenenti ad un sodalizio criminoso dedito alla commissione di molteplici reati tributari perpetrati nel settore della fornitura di manodopera, delle pulizie, del facchinaggio, dei trasporti e della logistica, al servizio della “grande distribuzione organizzata”.
L’attività svolta trae abbrivio dall’esecuzione, in data 21 giugno 2022, di perquisizioni locali e personali nei confronti di 21 persone fisiche e 19 persone giuridiche (residenti e aventi sede in Lombardia, Piemonte, Lazio, Campania e Calabria) e di 14 misure cautelari personali (di cui 9 custodie cautelari in carcere, 4 arresti domiciliari e 1 obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria), nonché contestuale Decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, anche per equivalente, per complessivi 7,7 milioni di euro, emesso dal Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Como su richiesta della locale Procura della Repubblica.
L’attività di polizia economico-finanziaria ha consentito di sottoporre a confisca definitiva (ex art. 12-bis del D.Lgs. 74/2000 e art. 240 c.p.), in favore dello Stato:
– due compendi aziendali (nel Comune di Cadorago (CO));
– due ville di pregio con piscina (nei Comuni di Grandate (CO) e Lurago Marinone (CO));
– dieci immobili (in provincia di Como e Brescia);
– ventotto rapporti finanziari con una giacenza complessiva di 461.061,89 euro;
– quote societarie;
– due autovetture utilitarie;
– due moto “Harley Davidson”;
– denaro contante per 333.648,30 euro;
– due orologi di valore (rispettivamente, marca Rolex e Bulgari);
– gioielli (rispettivamente, marca Chanel, Gucci e Bulgari) e un anello con diamante Trilogy.
La sentenza, divenuta oramai irrevocabile, ha confermato la responsabilità penale di 11 persone fisiche, di cui 4 risultate, tra l’altro, destinatarie, a vario titolo, delle seguenti pene accessorie (ex art. 12 del D.Lgs. 74/2000):
– interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;
– incapacità di contrarre con la Pubblica Amministrazione;
– interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria;
– interdizione perpetua dall’ufficio di componente della Corte di Giustizia tributaria;
– interdizione dai pubblici uffici.
Le attività di polizia giudiziaria, svolte dai militari del Gruppo di Como, scaturite a seguito di un costante monitoraggio di plurime società cooperative operanti nel territorio lariano e dalla conseguente percezione di molteplici indici di rischio fiscali e valutari, hanno permesso di disarticolare un complesso sistema di frode fiscale perpetrato in forma associativa, ininterrottamente, tra la fine del 2015 ed il 2022, mediante la costituzione di 17 società cooperative, un consorzio ed una s.r.l. (da ritenersi società capogruppo).
I responsabili di tali condotte illegali, attraverso tale sistema (ovvero attraverso l’utilizzo fittizio dello schema societario cooperativistico), hanno commesso plurimi reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti (per complessivi 21.127.751,54 euro), di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (per un ammontare di imposte evase ai fini II.DD. per complessivi 496.542,40 euro ed ai fini IVA per complessivi 3.750.659,78 euro), di omessa dichiarazione (per un ammontare di imposte evase ai fini II.DD. per complessivi 906.826,87 ed ai fini IVA per complessivi 737.676,89 euro), di indebite compensazioni di imposta attraverso la sistematica compensazione di debiti tributari e previdenziali utilizzando crediti tributari inesistenti e/o non spettanti indicati nei modelli F24 (per un ammontare complessivo di 1.003.432,20 euro) e di omessi versamenti di IVA (per complessivi 829.910,00 euro). Il sistema di frode ideato e realizzato dal sodalizio criminale è stato ricostruito dai militari del Gruppo di Como, grazie ad accertamenti documentali e bancari (nonché mediante l’esecuzione di specifiche attività tecniche), che hanno portato alla individuazione di più società cooperative di lavoro a struttura precaria (in quanto tenute in vita dagli indagati per limitati periodi di tempo e sostanzialmente inadempienti sia agli obblighi civilistici che fiscali). Tali società “cartiere” hanno avuto il compito di assumere la forza-lavoro, di fatto gestita da altre due società “capogruppo” (un consorzio ed una società di capitali) che hanno costituito, invece, una struttura permanente nel tempo (risultando apparentemente in regola dal punto di vista fiscale), adempiendo all’attività direzionale ed amministrativa.
Tali società “cartiere” hanno avuto il compito di raccogliere i cd. assets produttivi (forza-lavoro), di fatto gestiti da due società “capogruppo” ed emettere, nei confronti di queste ultime, fatture false (con le quali venivano falsamente addebitati costi del personale), consentendo loro di abbattere l’ingente debito IVA scaturito dalla fatturazione delle prestazioni al cliente finale/committente, nonché un risparmio dei contributi previdenziali e assistenziali. Inoltre, le società capo-gruppo, avvalendosi della compiacenza di società terze (cd. soggetti accollanti), trasferivano le proprie esposizioni debitorie a queste ultime (mediante la procedura dell’accollo del debito), compensando tali debiti tributari con crediti non spettanti ed inesistenti, per un ammontare complessivo di oltre 1 milione di euro.