Il boom sul prezzo dei carburanti divide la maggioranza. “Che l’opposizione attacchi è normale – riflette Giorgia Meloni – che nella maggioranza ci sia chi va in tv a parlare di taglio mi fa infuriare”. Lo stop al congelamento delle accise sui carburanti ha innescato un forte aumento dei prezzi ai distributori, con il diesel arrivato a 2,50 euro e la benzina sopra i 2 euro al litro. La linea del Governo non è condivisa da Forza Italia, dove monta la protesta. E non sembrano esserci violazioni e irregolarità alle pompe. Lo scorso anno la Guardia di Finanza ha effettuato complessivamente 5.187 interventi. In 717 casi le infrazioni erano relative alla mancata esposizione dei prezzi praticati rispetto ai prezzi indicati. Un esempio tipico è il pieno effettuato a una pompa self, che però al momento del pagamento vede applicata la tariffa praticata per il servito. Il Governo Draghi aveva deciso di intervenire, tagliando le accise: prima 25 centesimi a litro, poi da dicembre 18. Per le casse pubbliche si è trattato di un minore introito di circa un miliardo di euro al mese. Una misura molto costosa che il governo Meloni ha scelto di non rinnovare a partire da gennaio. In totale si contano ben 17 diverse accise, che finiscono per pesare significativamente sul prezzo finale di benzina e gasolio. Si aggiunga che oltre alle accise al prezzo finale concorre anche l’Iva. Nella composizione del costo per ogni euro di prodotto il fisco pesa per 58 centesimi per la benzina, 51 centesimi per il gasolio. Cioè, se non pagassimo iva e accise per un litro di benzina pagheremmo tra i 70 e gli 80 centesimi, tra 75 e 85 per un litro di gasolio. Secondo i dati del Ministero dell’Ambiente il prezzo medio della benzina è 1,81, per il gasolio è 1,86. Nei dati di dicembre la benzina era a 1,62 euro e il gasolio a 1,68. Dunque, l’aumento è praticamente dovuto alla reintroduzione delle accise, non ad irregolarità o violazioni.