Di Antonio Capria
Il controllo del territorio era capillare, asfissiante. L’organizzazione criminale aveva il dominio su “un quarto della provincia di Cosenza” e lo esercitava attraverso la violenza, con feroci pestaggi e spedizioni punitive per chi non pagava. Roggiano Gravina, Tarsia, San Lorenzo del Vallo, Spezzano Albanese, Acri, erano territorio della famiglia Presta e nessuno poteva intromettersi nel mercato dello stupefacente. La droga arrivava nel territorio della Valle dell’Esaro da Platì, in particolare la cocaina che finiva a fiumi sul mercato, ma anche eroina e marijuana. Secondo gli investigatori la famiglia Presta controllava tutte le dinamiche della squadra di calcio del Roggiano Gravina, anche rifornendo di droga giocatori. Apparteneva al clan anche uno dei calciatori, Giuseppe presta. C’è anche lui tra i 45 destinatari delle misure cautelari emesse dal gip di Catanzaro Claudio Paris, su richiesta della Dda, nei confronti di altrettanti appartenenti al sodalizio criminale disarticolato dalla Squadra Mobile di Cosenza e dallo Sco con l’operazione “Valle dell’Esaro”, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Di questi, 20 vanno in carcere, 16 ai domiciliari. Le accuse sono a vario titolo quelle legate al traffico e allo spaccio di droga, ma ad alcuni vengono contestati anche episodi di estorsione, ricettazione, ma anche detenzione di armi considerato che l’organizzazione poteva contare infatti su una grande disponibilità di armi, anche da guerra. Le indagini hanno consentito di ricostruire numerosi episodi di spaccio e di procedere a sequestri di stupefacente di vario tipo, e arresti in flagranza di reato, in distinte occasioni. “Un’indagine bella e importante, che non si limita solo alla droga, perché ha coinvolto una cosca, quella dei Presta, che per anni ha controllato un vasto territorio” ha affermato il procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro Nicola Gratteri, intervenuto in conferenza stampa insieme al procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla, al direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato Francesco Messina, al direttore dello Sco Fausto Lamparelli, al capo della Squadra Mobile di Cosenza Fabio Catalano e al capo della Squadra Mobile di Catanzaro Alfonso Iadevaia. Un lavoro massiccio riuscito, secondo Gratteri, grazie anche “all’aumento della pianta organica nelle Squadre mobili”, grazie anche alla “continua e costante attenzione” da parte del ministero dell’Interno e dal capo della Polizia Franco Gabrielli, non solo rispetto all’attività di indagine, ma anche “per la sicurezza della mia persona”, dopo che nei giorni scorsi notizie riservate su possibili attentati hanno indotto il comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza di Catanzaro a rafforzare le misure di tutela per il procuratore. Quello dei Presta – ha aggiunto il procuratore aggiunto Capomolla, è un sodalizio “radicato in un contesto di ‘ndrangheta agguerrito e inquietante, con una grande capacità di rigenerazione e di intessere una fitta rete di relazioni e canali di approvvigionamento con storiche e potenti cosche di ‘ndrangheta di Platì e della Piana di Gioia Tauro”. Al vertice del sodalizio, che aveva come base il comune di Roggiano Gravina – ha spiegato il capo della Mobile di Cosenza Fabio Catalano – c’erano i fratelli Antonio e Roberto Presta, cugini del boss Franco.
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