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Novembre,23,2024

VENTISETTE ANNI FA LA STRAGE DI VIA D'AMELIO

Sono passati 27 anni da quel 19 luglio 1992. Ventisette anni dalle immagini che tutta l’Italia ha impresse nella memoria: cinquantasette giorni dopo la strage di Capaci, in cui moriva il giudice Giovanni Falcone insieme alla moglie e agli agenti della scorta, in via D’Amelio a Palermo una Fiat 126 imbottita di esplosivo veniva fatta saltare in aria davanti alla casa della madre del giudice Paolo Borsellino. Per lui, per gli agenti della scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna della Polizia a morire in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, non c’era stato scampo. Ventisette anni dopo in via D’Amelio il ricordo del giudice, le commorazioni, per la prima volta senza Rita Borsellino, morta lo scorso anno. “Quest’anno mi riesce più difficile partecipare alle celebrazioni perché non c’è Rita – ha detto il fratello Salvatore – ma sono felice che, per la prima volta, questo anniversario sia stato programmato insieme dal movimento delle Agende rosse e dal Centro studi Paolo Borsellino. Per me non si tratta solo di fare memoria, ma di lotta perché ogni volta dobbiamo ricordare che a ucciderlo non è stato il nemico, bensì il fuoco che proveniva dalle sue spalle, da chi doveva combattere insieme a lui. Per questo per me memoria significa lotta”. E nei giorni scorsi sono stati diffusi gli audio della commissione parlamentare antimafia, in cui si sente la voce proprio di Paolo Borsellino, che racconta le difficoltà del pool antimafia già nel 1984. Proprio su quegli audio, Salvatore Borsellino in una lettera ha risposto al Presidente della Commissione Antimafia Morra che lo aveva invitato a presenziare alla cerimonia in cui gli audio sono stati desecretati: “Ho riflettuto a lungo e ho poi deciso di non sottrarre nemmeno un’ora a mia figlia che pur in attesa del suo primo figlio ha deciso di affrontare la fatica del volo per essere in questi giorni a Palermo, insieme a me, a lottare per la memoria di suo zio, Paolo Borsellino e dei cinque ragazzi uccisi insieme a lui, Claudio, Agostino, Emanuela, Vincenzo ed Eddie Walter che ancora, a ventisette anni di distanza, aspettano Giustizia e Verità sulla strage di Via D’Amelio nella quale è stata spezzata la loro vita. In quella strage mio fratello è stato ridotto ad un tronco carbonizzato senza più le gambe e le braccia, i pezzi di quei ragazzi sono stati raccolti uno ad uno e messi in delle scatole per poi essere identificati, separati e racchiusi in delle bare troppo grandi per quello che restava di loro” si legge nella lettera pubblicata sul sito 19luglio1992.com.

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