Continuava a impartire ordini dal carcere de l’Aquila, dov’era detenuto, il boss Giuseppe Piromalli, 72 anni, indicato dagli inquirenti come uno degli elementi di vertice dell’omonimo clan di Gioa Tauro, colpito dall’operazione “Provvidenza 2” dei Carabinieri. 12 gli affiliati indagati per associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, intestazione fittizia di beni, truffa ed altri reati aggravati dalle finalita’ mafiose. Le risultanze delle indagini coordinate dalla dda avrebbero evidenziato il ruolo apicale dell’anziano boss, detto “Facciazza”, e del fratello Antonio di 78 anni, detto “u Catanisi”. I due erano in grado di orientare gli equilibri criminali dell’intero mandamento tirrenico e di condizionare il locale tessuto economico-imprenditoriale, con particolare riferimento ai settori agro-alimentare e turistico-ricettivo, grazie alla complicita’ di imprenditori contigui alla cosca. Giuseppe Piromalli, attraverso i colloqui con i familiari, era in grado di impartire ordini e inviare messaggi al clan. Un ruolo carismatico in seno alla cosca era svolto anche dal 78enne Antonio Piromalli, ancora molto influente nella pianificazione delle strategie criminali dell’organizzazione. Proprio all’anziano Antonio Piromalli era demandato il compito di rinsaldare i rapporti con la cosca Mole’, un tempo alleata, attraverso la figura di Michele Mole’, 51 anni, coinvolto nella ripartizione dei proventi derivanti dagli affari criminali legati alla gestione del porto di Gioia Tauro. I Piromalli si erano inseriti nel consorzio CO.P.A.M. di Varapodio, costituito da 40 aziende e cooperative agricole operanti nella piana di Gioia Tauro, nella Sicilia orientale e nel basso Lazio. Dopo i 33 fermi eseguiti nel primo troncone dell’indagine coordinata dalla DDA di Reggio Calabria, arrivano i 12 fermi con la seconda tranche. Oltre all’esportazione di olio di sansa, che col cambio di etichetta veniva venduto negli Usa come “extravergine di oliva”, e’ emerso come la cosca utilizzava il consorzio Copam sfruttandone la capacita’ di approvvigionamento di prodotti agrumicoli. La cosca sarebbe stata cosi’ in grado di alimentare sia la grande distribuzione del nord-est italiano che il mercato rumeno. Tra i destinatari del provvedimento anche Cinzia Ferro e Teresa Cordi’ che per conto del sodalizio fungevano da prestanome nella gestione di imprese inserite nei servizi di pulizia e catering di alcune strutture turistiche riconducibili ad importanti societa’ di settore; e nel ramo dell’abbigliamento, con punti vendita in alcuni centri commerciali delle province di Milano e Udine.