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Novembre,23,2024

BRASILE, SOSPESE LE RICERCHE DEI DISPERSI DELLA DIGA DI BRUMADINHO

Le autorità brasiliane hanno sospeso le ricerche di eventuali superstiti al crollo della diga di Brumadinho, nello Stato di Minas Gerais, nel timore che anche un’altra diga vicina possa cedere da un momento all’altro. Il crollo della diga di scarti minerari dell’azienda Vale ieri a Brumadinho, nel Minas Gerais, ha lasciato un pesante bilancio di vittime – 34 morti confermati finora, e almeno 296 dispersi- e un gusto amaro di delusione, tre anni dopo un incidente simile a Mariana, nello stesso Stato brasiliano, che è stato il più grave disastro ambientale nella storia del paese. Secondo le autorità brasiliane, il crollo della diga di Brumadinho ha provocato il versamento di circa 13 milioni di metri cubi di rifiuti minerari, il che equivale a circa il 20% del materiale fuoriuscito dopo il crollo di Mariana, nel 2013. Ma se il danno ambientale è più ridotto il bilancio di vittime sarà probabilmente molto più pesante. A Mariana, infatti, i morti furono 19, mentre ora ai 34 morti confermati si aggiungono gli almeno 296 dispersi – secondo l’ultima stima dei pompieri di Minas Gerais – mentre il presidente della Vale, Fabio Schvatsman, ha confermato che l’azienda ha perso contatto con 413 dei suoi dipendenti locali dopo il disastro. Schvatsman ha accompagnato oggi al presidente Jair Bolsonaro in un sopralluogo in elicottero della zona di Brumadinho. “E’ difficile trovarsi davanti a questo scenario e non essere commossi”, ha scritto poi Bolsonaro su Twitter, promettendo che “faremo tutto il possibile per assistere le vittime, contenere i danni, accertare i fatti, garantire la giustizia e prevenire nuove tragedie come quelle di Mariana e Brumadinho”. Nel frattempo, le immagini della distruzione e la desolazione seminata dal disastro rimbalzano da ieri sui media brasiliani, mentre la polizia ha aperto un’inchiesta sul crollo della diga di Brumadinho, e un tribunale del Minas Gerais ha ordinato il blocco di un miliardo di reais (circa 265 milioni di dollari) nei conti della Vale, leader globale nella produzione ed esportazione di minerale di ferro, per “coprire le necessità più urgenti delle vittime”. Duro il commento di Greenpeace di fronte a questa nuova catastrofe, che definisce “crimine ambientale”. “Questo nuovo disastro dimostra disgraziatamente che lo Stato e le compagnie del settore minerario non hanno imparato la lezione”, ha detto Nino D’Avila, portavoce dell’organizzazione, secondo il quale “questi non sono incidenti, sono crimini ambientali che devono essere investigati, puniti e riparati”.

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