Un fermo è stato notificato in un’operazione antiterrorismo internazionale eseguita del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Catanzaro. Destinatario è un cittadino siriano, già in carcere a Rossano in quanto accusato di essere lo scafista di uno dei tanti sbarchi di migranti in Calabria, ed arrestato nel 2014 per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Nei suoi confronti sarebbe emersi degli elementi che lo identificherebbero come un presunto appartenente al terrorismo islamico. Secondo gli inquirenti apparterrebbe al fronte Jabhat al Nusra, ramo di Al-Qaeda attivo in Siria e Libano, era entrato in Italia durante uno sbarco di migranti avvenuto sulle coste del crotonese il 14 settembre del di due anni fa. Accertamenti successivi al suo fermo di allora come presunto scafista, avrebbero fatto emergere però una serie di elementi che hanno indotto l’autorità giudiziaria pitagorica a stralciare la sua posizione e ad interessare la Direzione Distrettuale antimafia di Catanzaro, che è competente per i reati in materia di terrorismo.
Le indagini, affidate al nucleo di polizia tributaria, sono state eseguite principalmente con attività tecnichecosiddette di digital forensics: in pratica sono stati acquisiti (“copia forense”) i contenuti di un notebook, di diversi apparti mobili e varie sim telefoniche; dopodiché si è analizzata l’enorme mole di files estrapolati, oltre un milione, utilizzando delle di sofisticate apparecchiature e contando sulla qualificata attività dei militari addetti alla “digital forensics” e al Gico. Gli investigatori, dunque, hanno estratto del materiale foto-video facendolo tradurre da un interprete arabo: da questo sarebbe stata così scoperta la volontà dell’uomo ad operazioni di martirio, la sua partecipazione al fronte Jabhat al Nusra, la grande disponibilità di armamenti bellici da parte dei miliziani di cui sarebbe membro insieme al fratello.
Nelle chat dell’indagato vi erano poi notizie su vicende di combattimento, si affermava che le stesse provenissero dai miliziani rivoluzionari, si sarebbe dichiarata la sua volontà di vendetta per lo stato in cui era costretta la Siria (il fronte della Jabhat combatte infatti contro il governo di Bashar al-Assad) e di trovarsi in una zona di guerra, probabilmente insieme ai ribelli nelle città di Adleb e Hama. Come pure si approvava l’iniziativa dei cinquanta miliziani che, per la causa, si dicevano disposti al martirio “per mietere più vittime tra i nemici” nell’offensiva per l’occupazione e controllo dell’aeroporto della città di Hama, in Siria. In tutte le occasioni in cui c’è stato uno scambio di foto che riprendevano i miliziani in armi, il presunto terrorista avrebbe poi manifestato la preoccupazione che lo stesso materiale compromettente potesse finire nelle mani del nemico, ossia il Governo siriano, e ne chiedeva la cancellazione una volta avvenuta la visualizzazione.
Inoltre, i finanzieri sono riusciti ad estrapolare immagini che erano state cancellate e che lo ritraevano in posa con una granata da mortaio, vestito della tipica tenuta nera degli jihadisti e con la bandana con su scritto “Allah è grande”, e altri diversi combattenti votati al martirio con indosso corpetti esplosivi.