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69° FESTIVAL DI SANREMO, SEDICI ANNI DOPO IL RITORNO DEI NEGRITA

Ci sono voluti 16 anni per convincere i Negrita a tornare in gara al Festival di Sanremo, nell’anniversario dei 25 anni di carriera. “Quell’esperienza, nel 2003, ha lasciato il segno. Fu una scelta acerba, con un brano sbagliato (Tonight, subito accantonato e mai più eseguito neppure dal vivo, ndr). Arrivammo terzultimi e non ce la vivemmo bene. Ci sentivamo fuori contesto”, racconta Drigo, anche a nome degli altri suoi due compagni Pau e Mac. “Da band ribelle, come ci sentivamo, avevamo scelto un brano di cui non eravamo convinti, fuori dai nostri standard. E ce ne pentimmo”. Ora, più maturi, più consapevoli (“stavolta il risultato non potrà influire molto sui nostri umori, lo stato d’animo sarà più rilassato”), convinti dal festival dell’anno scorso targato Claudio Baglioni (“punta sulla qualità artistica e ha generato qualcosa di nuovo”), i Negrita hanno messo da parte i fantasmi del passato. “Ci avevano chiamato anche un anno fa, ma non c’erano i tempi tecnici e con l’organizzazione del tour, così declinammo l’invito”, spiega la band toscana, che torna con I ragazzi stanno bene, brano che dà anche il titolo al best of per i 25 anni, che raccoglie 32 brani che hanno fatto la loro storia, più 3 inediti (uno dei quali è quello sanremese), in uscita l’8 febbraio (Polydor-Universal Music), cui seguirà un tour. “Coincidenza vuole che la prima raccolta uscì dopo il primo Sanremo. Magari significa qualcosa…”. “I ragazzi stanno bene siamo noi, ormai adulti, genitori con la testa sulle spalle – spiega Drigo -, ma sono anche i nostri figli adolescenti, nativi digitali, che ci permettono un accesso preferenziale a un mondo a noi lontano. Il brano è soprattutto una riflessione esistenziale, sulle nuove generazioni, sui giovani, sul fatto di non voler accettare le cose imposte da altri, da scuola, stato, televisione: tocca vari punti da cui poi si distacca”. Tra questi anche quello dei migranti, ‘fantasmi sulle barche e di barche senza un porto. Come vuole un comandante a cui conviene il gioco sporco’. “Guardo al pezzo come un dipinto, e i migranti ne sono una pennellata. Non possiamo rimanere insensibili davanti a questa gente che soffre e scappa. Ma mi chiamo fuori dalla discussione su quali siano le scelte giuste per chi ha di fronte la ragion di Stato. Non avrei mai fatto il politico, ci vuole stomaco per prendere certe decisioni”, è il commento di Enrico ‘Drigo’ Salvi. Per la serata dei duetti sono stati chiamati Enrico Ruggeri (“uno come noi, non ha mai fatto il botto da stadi ma ha sempre mantenuto un certo valore artistico”) e Roy Paci (“una sicurezza”). In 25 anni le incomprensioni, le fasi alterne, tra i tre musicisti non sono certo mancate, “ma noi siamo una vera band, come non ce ne sono in Italia. Firmiamo a tre i nostri lavori, ci confrontiamo, non c’è un frontman riconosciuto. Siamo tre personalità che lavorano insieme, come i Rolling Stones, i Beatles, i Police”, rivendicano i Negrita. “In 25 anni quello che abbiamo lasciato come marchio sono ‘cartoline dal mondo’, le storie che abbiamo raccontato, viaggiando. Ma non viviamo di ricordi: l’hic et nunc è il nostro modo di approcciare la vita”.

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