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Novembre,17,2024

MALTRATTAMENTI, MARZIALE SU ARRESTO A GIZZERIA

“La brutta storia portata alla luce dai carabinieri a Gizzeria Lido deve farci riflettere molto sull’importanza della società, intesa come vicini di casa, conoscenti e persone di riferimento, che pur sapendo tacciono lasciando bambini piccolissimi alla mercé del degrado e delle violenze”. E’quanto dichiara il sociologo Antonio Marziale, Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Calabria, in riferimento all’arresto di un 52enne imputato di maltrattamenti in famiglia, riduzione in schiavitù e violenza sessuale pluriaggravata nei confronti della giovane moglie, al cospetto di due bambini di 9 e 3 anni costretti a vivere in una baracca priva di servizi igienici, illuminazione, infestata da topi e insetti e a dormire su letti di cartone. “Sapevano i servizi sociali del comune di questa situazione? Sapevano i vicini e i conoscenti di questa situazione? Sapeva la scuola di questa situazione? Se si, cosa hanno fatto? Come mai l’arresto è scaturito da un controllo a carico dell’indagato il cui atteggiamento, valutato anche in ragione delle condizioni fatiscenti del veicolo a bordo del quale viaggiava con il figlio di 9 anni, ha insospettito gli inquirenti? E se i militi non si fossero insospettiti?” Interrogativi che hanno spinto il Garante a dirsi “indignato al limite della furia, perché non si può fare leva soltanto sull’intuizione degli inquirenti, e la società  non può andare a dormire tranquilla la notte quando sa e non interviene. Indifferenza, sottovalutazione, superficialità e omertà sono alla base delle violenze sui piccolini e se lo Stato fosse veramente conseguente dovrebbe valutare la posizione di quanti avrebbero dovuto fare qualcosa e non hanno fatto nulla”. Il Garante annuncia, infine. “di avere aperto una procedura, destinata agli inquirenti, e soprattutto alla magistratura, per valutare la posizione di eventuali negligenze e negligenti. Chi sa e tace è complice. Se chi tace ha doveri istituzionali, oltre che civici, è complice e ha il dovere di risponderne alla giustizia e, magari, di cambiare mestiere”.

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