L’11 dicembre 2018 intorno alle 19.45 il terrore ha il volto di Cherif Chekatt, 29enne francese di origini algerine, che al grido di “Allahu Akbar” s’introduce nel Christkindelsmarik, storico mercatino natalizio di Strasburgo a poche centinaia di metri dalla sede del Parlamento europeo. È armato di coltello e di una pistola, con la quale ha fuoco intorno a sé. Tre delle sue vittime muoiono subito, altre due – tra cui il giornalista italiano Antonio Megalizzi, colpito con un proiettile alla testa – nei giorni successivi. Undici i feriti. “Ho sentito i colpi, sei o sette, e ho visto due donne a terra colpite e una che urlava. Mi sono allontanato per mettermi al riparo, prima in un cortile e poi siamo stati accolti in una casa. La polizia ha evacuato la zona”. Questo il racconto, subito dopo la sparatoria, dell’eurodeputato verde Marco Affronte, uno dei tanti politici di tutta Europa rimasti bloccati nei ristoranti e negli altri locali dopo gli spari. L’Europarlamento, che si trova in sessione plenaria, viene chiuso, blindato tutto il centro della città alsaziana. Si dovranno attendere le 3 di notte per avviare le operazioni di evacuazione di tutto il personale politico, dei funzionari e dei giornalisti, scortati in luoghi sicure dalle forze di polizia. Evidente l’intenzione dell’attentatore di colpire al cuore d’Europa. Ferito dai militari dell’Operation Sentinelle, in un primo momento il killer riesce a fuggire prendendo in ostaggio un tassista che lo porta nel vicino quartiere di Neudorf. In tutto si lanciano alla caccia 100 agenti della polizia criminale, le unita’ speciali e i soldati francesi, più due elicotteri che sorvolano tutta la zona. Qualche ora prima colpire al mercatino di Strasburgo le forze dell’ordine avevano cercato invano di arrestarlo: nella sua abitazione, però, gli agenti avevano trovato degli esplosivi. Alla fine Chekatt viene intercettato due giorni dopo l’attacco al Christkindelsmarik, peraltro non lontano dalla sua abitazione, tra Neudorf e lo stadio della Meinau: in un nuovo scontro a fuoco viene ucciso. Nato a Strasburgo, passaporto francese, Cherif era ben noto agli 007 francesi, classificato nelle banche dati come “fiche S”, ossia gli individui considerati una minaccia per la sicurezza nazionale. Chekatt vantava numerosi precedenti in vari Paesi, tra cui Francia, Germania (nazioni dalle quali era stato espulso nel 2017) e Svizzera. Era considerato un soggetto radicalizzato, e nel 2011 era stato condannato a due anni di carcere per aggressione durante una rissa. Dopo l’attentato arriva una rivendicazione dell’Isis, giudicata in un primo momento infondata dal ministro dell’Interno francese Christoph Castaner: successivamente viene scoperto un video nel quale si vede Chekatt promettere fedeltà allo Stato Islamico. È il mondo ad essere colpito: sono il thailandese Anupong Suebsamarn, il francese Pascal Verdenne, l’afgano Kamal Naghchband, il polacco Barto Pedro Orent-Niedzielski. E l’italiano Antonio Megalizzi, morto tre giorni dopo l’attentato. Calabrese trapiantato in Trentino, 29 anni, Megalizzi lavorava come conduttore di Europhonica, uno dei format radiofonici di RadUni, associazione che raggruppa radio universitarie italiane. Era arrivato a Strasburgo qualche giorno prima dell’attacco per seguire l’ultima plenaria dell’anno. Le sue condizioni sin dal primo momento erano apparse disperate. Un proiettile lo aveva colpito alla base del cranio e i medici non potevano operarlo. Le sue passioni erano il giornalismo, la politica e l’Europa. “Gli euroscettici sono come quelli che nei film horror decidono di dividersi e staccarsi dal gruppo. Ce li avete presente? Finiscono sempre mangiati da un mostro, con noi spettatori che urliamo ‘idiota, te lo sei meritato!’, davanti al televisore”, scriveva nel marzo del 2017 sulla sua pagina Facebook. Già da studente universitario a Trento e a Verona aveva iniziato a lavorare in radio, sia come speaker che come giornalista. Ha collaborato con la Rai di Trento, il canale radiofonico dell’emittente locale Rttr e per radio 80 Forever Young di Rovereto. Il suo sogno, lo ripeteva sempre, era “un’Europa con meno confini e con più giustizia”. Proprio quello che il killer del mercatino di Natale cercava di distruggere.
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