Due ergastoli e due condanne a 20 e 12 anni di reclusione: sono le richieste fatte dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Andrea Mancuso, nel processo in corso a Catanzaro, in Corte d’assise, a carico dei presunti responsabili dell’omicidio del biologo Matteo Vinci, di 42 anni, e del ferimento del padre, Francesco, di 70, investiti dallo scoppio, azionato con un radiocomando, di una bomba collocata sotto l’automobile sulla quale stavano viaggiando. L’attentato fu compiuto a Limbadi, nel vibonese, il 9 aprile del 2018. Il carcere a vita è stato chiesto per Rosaria Mancuso, di 64 anni, e per il genero della donna, Vito Barbara, di 28, accusati di essere stati i mandanti dell’attentato. La richiesta della condanna a 20 anni riguarda Domenico Di Grillo, di 72 anni, marito di Rosaria Mancuso, accusato del tentato omicidio di Francesco Vinci, avvenuto nel 2017. Vinci, in quell’occasione, fu vittima di un pestaggio a causa del quale subì la frattura della mandibola. Dodici anni di carcere, infine, sono stati chiesti per Lucia Di Grillo, di 32 anni, figlia di Domenico Di Grillo e Rosaria Mancuso e moglie di Vito Barbara, accusata di lesioni personali ai danni di Francesco Vinci e della moglie Rosaria Scarpulla, vittime di un’aggressione nel 2014. Le vessazioni ai danni dei Vinci, culminate con l’omicidio di Matteo Vinci, sarebbero da collegare, secondo l’accusa, al loro rifiuto a cedere un loro terreno alle famiglie Mancuso e Di Grillo. La famiglia Vinci non si è mai piegata, però, alle pressioni subite, promuovendo anche dei procedimenti giudiziari in sede civile e penale, ed attirandosi così, sempre a detta dell’accusa, i propositi di vendetta da parte dei rivali.