“Un’articolazione della ‘ndrangheta attiva prevalentemente a Torino, collegata con le strutture calabresi e dotata di propria autonomia e capacita’ d’azione”. E’ uno dei passaggi dell’ordinanza d’arresto, eseguita tra Torino e la Calabria, di 20 picciotti arrestati per associazione di stampo mafioso, estorsione, usura, traffico di droga e gestione di bische clandestine. “L’organizzazione si avvaleva della forza d’intimidazione e della condizione di assoggettamento e di omerta’ che ne derivava, per commettere reati, per acquistare in modo indiretto il controllo di attivita’ economiche e di autorizzazioni commerciali e per realizzare profitti e vantaggi economici. Il nucleo investigativo di Torino ha eseguito 41 perquisizioni domiciliari, sequestrando 7 unita’ immobiliari, 6 automezzi, 11 rapporti bancari, 2 cassette di sicurezza, una licenza commerciale e 2 societa’ con tre sedi operative. L’operazione in codice si chiama “Big bang”, dal nome di uno dei locali gestiti dalla ‘ndrina. Stavolta niente collaboratori di giustizia ma indagini tradizionali. Monitorata l’attivita’ di traffico di droga organizzata dai fratelli Adolfo e Cosimo Crea. Comunicavano tra di loro sia con i “pizzini”, subito distrutti subito dopo essere stati letti dai destinatari, sia con smartphone di ultima generazione. Le forze dell’ordine hanno intercettato oltre 263 mila telefonate. In particolare i due fratelli, considerati a Torino due padrini della ‘ndrangheta reggina, hanno assoldato pregiudicati, parenti e nuovi giovani emergenti, avviando attivita’ tipiche del controllo mafioso del territorio. Secondo le accuse, il gruppo familiare, intimidendo anche altri pregiudicati, ha sviluppato un consistente volume di attivita’ nel traffico di stupefacenti, ma soprattutto nelle estorsioni a imprenditori e a soggetti indebitati nelle case da gioco gestite dal gruppo stesso. Una ventina le vittime individuate dalle forze dell’ordine, nessuna delle quali ha denunciato i fatti. Nell’abitazione di una di esse, i criminali hanno recapitato addirittura una testa mozzata di maiale, con la minaccia che la prossima, qualora non avesse obbedito, sarebbe stata la sua. Per diversi mesi i carabinieri hanno filmato gli incontri quotidiani degli associati all’interno di un bar, ritenuto la base operativa del gruppo. “L’auspicio – scrive in una nota la Procura di Torino – e’ che altre vittime trovino la forza di denunciare. Solo così si potrà arrestare e vincere la diffusione della cultura mafiosa anche in Piemonte”.