Una chiamata anonima al Numero Unico per le Emergenze, poi l’arrivo delle volanti e l’arresto. Una storia come tante a Roma, se non fosse che a finire in manette è stato Pantaleone Mancuso, conosciuto come Zio Luni, o l’ingegnere del boss dell’omonimo clan di Limbadi di Vibo Valentia, uno dei gruppi criminali della Ndrandgheta. La segnalazione, arrivata in anonimato da un numero pubblico, ha fatto muovere le volanti della Polizia che, alle 16 di mercoledì scorso, hanno raggiunto la sala bingo di via Siponto, a pochi passi di piazza Re di Roma. Nel bingo i poliziotti, del Commissariato San Giovanni e della Squadra Mobile, hanno identificato un signore di mezza età con una donna straniera. L’uomo, dopo aver detto ai poliziotti un falso nome, ha presentato loro un documento risultato falso valido per l’espatrio ma sono bastati pochi minuti per accertare che quel signore era in realtà Pantaleone Mancuso, boss dell’ omonimo clan di Limbadi (Vibo Valentia), conosciuto come Zio Luni, o l’ingegnere. L’uomo, 57 anni, non aveva ottemperato misura restrittiva carcere Chieti. Mancuso, nome noto negli ambienti della Ndrangheta, era stato assolto in appello dall’accusa più pesante, relativa al duplice omicidio di sua zia e del figlio della donna, avvenuto nel maggio 2008. L’ingegnere da qualche tempo era associato presso un’altra casa lavoro a Chieti, una misura restrittiva disposta dai Pm ma dallo scorso ottobre era sparito. Non era più rientrato presso la struttura della città abruzzese, e così era stata diramata una nota di rintraccio. Mercoledì è stato di nuovo individuato e portato al carcere di Regina Coeli.