La Uilpa polizia penitenziaria, in una nota, riferisce che “sono in corso gravissimi disordini nella casa circondariale di Arghillà, a Reggio Calabria, dove un gruppo di detenuti di origini georgiane – afferma il sindacato – rifiuterebbe il rientro in cella nell’intenzione di aggredire un ristretto allocato in un’altra sezione detentiva con cui ieri ci sarebbe stato un diverbio. La tensione è altissima e sono stati richiamati appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria liberi dal servizio, mentre ulteriori rinforzi stanno giungendo da altri istituti penitenziari della regione”. “Continuano così, di fatto senza soluzione di continuità, da nord a sud, isole comprese – afferma il segretario generale della Uilpa – i disordini nelle carceri del Paese. Quanto sta accadendo è, palesemente, l’effetto dello stato di abbandono sostanziale in cui continuano a versare le carceri ed i detenuti. Ed a pagarne le spese, oltre a questi ultimi, è il Corpo di polizia penitenziaria, che sconta le pene dell’inferno per la sola colpa di essere al servizio dello Stato. Ormai si va al lavoro e non si sa quando e come se ne uscirà. Turni di 16, 18 e anche 24 ore. Le aggressioni ai danni degli agenti sono state oltre duemila dall’inizio dell’anno. Ci sono 14.500 detenuti oltre i posti disponibili, mentre le unità mancanti alla Polizia penitenziaria sono 18 mila. Solo quest’anno ci sono stati 66 suicidi fra i detenuti e sette fra gli agenti. Una situazione che richiede misure straordinarie e ad effetto tangibile e immediato e non il placebo costituito dal decreto carceri”. “Ci auguriamo – dice ancora De Fazio – che il Governo nella sua interezza, ma soprattutto la Premier Giorgia Meloni, vogliano prenderne compiutamente atto, prima che il sistema tracolli definitivamente, con conseguenze inimmaginabili”. (ANSA)