Sugli aumenti dei carburanti a partire dal 31 luglio il Ministero delle Imprese sgombra il campo dalla furia delle associazioni dei consumatori. “In merito a notizie di stampa relative a casi isolati di stazioni di rifornimento lungo la rete autostradale in cui sono stati rilevati prezzi limite a 2,5 euro al litro per la benzina si precisa che i prezzi medi nazionali del gasolio e della benzina sono ben al di sotto dei 2 euro”. I prezzi della settimana che si è chiusa si attestano a valori medi di 1,89 euro al litro per la benzina e di 1,74 euro al litro per il gasolio. Insomma, un conto sono i picchi e un altro sono i prezzi medi. “Sappiamo bene che i prezzi a 2,5 euro al litro sono casi limite — ha replicato il presidente di Assoutenti, Furio Truzzi — ma non è certo questo il problema. La questione principale è la forte salita dei listini in occasione delle partenze estive degli italiani”. Una spiegazione l’ha data l’Unem, l’associazione delle imprese della raffinazione, logistica e distribuzione di prodotti petroliferi. “Negli ultimi 10-15 giorni ci sono stati nuovi aumenti per una serie di motivi — cali ripetuti nelle scorte americane, fermata di alcune raffinerie in Europa, domanda abbastanza sostenuta — motivi che hanno alimentato la tensione sui mercati. Restano differenze di prezzo, con forchette anche ampie tra quello più basso e quello massimo. Da che cosa dipendono? Innanzitutto in autostrada le concessioni costano di più ed è per questo che i carburanti sono più cari. Poi tutti sanno che la modalità servita è più cara perché si paga il costo del dipendente della stazione di servizio. Inoltre i costi operativi sono diversi e dipendono per esempio dalla vicinanza a infrastrutture logistiche come i depositi e le raffinerie: più si è lontani e più costa il trasporto. Da lunedì 31 luglio entra in vigore l’obbligo di esposizione del cartello che, oltre ai prezzi praticati, dovrà contenere anche il prezzo medio regionale, se sulla viabilità stradale, e il prezzo medio nazionale se in autostrada. Ma la vita costa di più anche se si sta a casa. Con +11% su anno, alimentari e bevande analcoliche sono la categoria che rincara di più, in base alla tabella Istat sull’indice dei prezzi al consumo a giugno 2023. E il piatto italiano per eccellenza, la pasta, da giugno 2022 a giugno di quest’anno costa il 6% in più secondo dati di Altroconsumo.