Era di Alfonso Mannolo, l’83enne ritenuto a capo dell’omonima cosca di San Leonardo di Cutro, e del figlio Remo, il patrimonio sequestrato dai finanzieri del comando provinciale di Catanzaro, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che hanno messo i sigilli a beni per 7 milioni e mezzo di euro. Sia l’anziano boss sia il figlio Remo sono stati condannati, nel maggio dello scorso anno, dal tribunale di Crotone a 30 e 19 anni di reclusione, a conclusione del processo di primo grado scaturito dall’operazione ‘Malapianta’ con la quale nel 2019 la Guardia di finanza ha portato alla luce le attività del clan di San Leonardo di Cutro che opprimeva l’economia della zona al confine tra le province di Crotone e Catanzaro ed in particolare i villaggi turistici dell’area ai quali veniva chiesto il pizzo. Al momento dell’arresto gli inquirenti hanno scoperto che Alfonso Mannolo percepiva anche il reddito di cittadinanza. Oltre al dominio incontrastato nel traffico di droga fra le due province e l’usura praticata nei confronti di diversi imprenditori anche al nord Italia, il boss esercitava da anni la sua influenza sulla gestione dei villaggi turistici del territorio. La cosca imponeva assunzioni di lavoratori vicini al gruppo criminale, imponeva anche i fornitori di beni e servizi.