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Novembre,23,2024

IL LICEO ARTISTICO DI FIORE AL DUOMO DI COSENZA

Si è conclusa il 14 dicembre, nel Salone degli Stemmi presso il Palazzo della Curia
arcivescovile di Cosenza, la terza giornata di studio dedicata alla Cattedrale e ai
Vescovi della città brutia, nell’ambito degli eventi organizzati per l’ottavo centenario
della consacrazione della Cattedrale. L’iniziativa, fortemente voluta dal professore
Antonello Savaglio, Deputato di Storia Patria per la Calabria, ha avuto come filo
conduttore la bellezza espressa in un meraviglioso connubio tra storia e arte.
Il legame tra San Giovanni in Fiore e la Cattedrale è un legame tra un maestro e un
discepolo, Gioacchino da Fiore e Luca Campano. Il maestro ha saputo cogliere
l’intelligenza e il carisma del suo discepolo facendolo emergere; tra i due c’è stata
“un’affinità di spirito”, cosi come l’ha definita Don Luca Perri, parroco della Cattedrale,
nel suo discorso di apertura. “In questo centenario abbiamo voluto metterci in ascolto
della storia, ma anche ricercare quello che la storia passata può dire al nostro presente.
Ogni epoca è capace di dire la bellezza di Dio” ha affermato Don Luca , ringraziando
gli alunni del Liceo artistico di San Giovanni in Fiore per essere riusciti ,con le loro
opere, realizzate per l’occasione, a esaltare questa bellezza.
Presente all’evento anche la DS dei Licei di San Giovanni in Fiore, dott.ssa Angela
Audia che ha evidenziato l’attenzione da parte del liceo artistico verso la Chiesa
cosentina proprio per il legame tra Luca Campano e l’abate Gioacchino. La storia e
l’arte sono considerate una strada per la bellezza, un bene primario per la crescita
sociale dell’individuo oltre che un’esigenza formativa.
Gli alunni del liceo artistico hanno inteso celebrare l’avvenimento attraverso una serie
di opere modellate sull’architettura dei simboli e sulle analogie tra la Cattedrale e
l’Abbazia Florense.
Ad entrare nel vivo dell’evento parlando di bellezza, storia e architettura è stato
l’architetto Giovanni Belcastro, che ha ricordato una giornata memorabile,
quella del 30 gennaio 1222,quando lo STUPOR MUNDI, di cui Gioacchino da Fiore
ne aveva predetto la nascita miracolosa alla madre Costanza d’Altavilla, il ventottenne
Federico II (era nato il 26 dicembre del 1194) accompagnato dal corteo imperiale porta
in dono la Stauroteca in oro che contiene la Reliquia del legno appartenente alla vera
Croce su cui il Figlio di Dio è stato crocifisso e la porge nelle mani di Luca Campano,
Arcivescovo di Cosenza già scriba o amanuense dell’Abate Calavrese di Spirito
profetico dotato. Belcastro ha ripercorso tutto il periodo che ha legato Gioacchino da
Fiore a Luca Campano, esaltando proprio quest’ultimo, al quale vengono attribuiti i
lavori architettonici dei due più importanti edifici della provincia di Cosenza: la
Cattedrale cosentina e l’Abbazia Florense silana. Luca Campano viene indicato come
vero artefice del Duomo di Cosenza, come “Protomagister” inteso non come
capomastro, ma in termini più grandiosi rispetto al concetto moderno di architetto.
D’altronde Elphège Vacandart aveva scritto che “Nessuno poteva, agli inizi dell’ordine
cistercense, assumere la carica di abate dell’ordine di Clairvaux se non si intendeva
dell’arte di costruire”. Luca, divenuto pastore dell’arcidiocesi cosentina, si avvalse
dell’esperienza e della cultura artistica iniziata ed acquisita a Casamari e coinvolgendo
maestranze ed artisti a lui vicini come
Matteo Vitari, che si era interessato delle principali chiese gioachimite, e ricorrendo probabilmente alle competenze degli scalpellini ed artigiani
dell’abbazia di Luzzi. L’architetto Belcastro ha illustrato nei minimi dettagli
architettonici la struttura della Cattedrale di Cosenza, che ha subito negli anni diversi
interventi, dal XII fino al XIX secolo, modificandone l’iniziale impianto
architettonico. I lavori di costruzione del Duomo subirono diverse tappe forzate
provocate da terremoti e da lentezza e ritardi dei lavori provocati forse dalla mancanza
di mezzi finanziari, o da ripensamenti e mutamenti di gusto sopraggiunti.
In ogni caso non siamo in grado di conoscere come era la fabbrica del Duomo all’epoca
in cui intervenne nella ristrutturazione Luca Campano. Non si esclude che al momento
della consacrazione del gennaio 1222 la costruzione non fosse ultimata. Belcastro ha
continuato il suo intervento parlando dell’Abbazia di San Giovanni in Fiore, del suo
repertorio storico, dei significati religiosi e spirituali e ha così concluso:- Senza avere
la pretesa di essere stato esaustivo, considerato l’argomento
oggettivamente complesso, rimando tutte le conclusioni agli studi effettuati e
a gli scritti di Luigi Bilotto, di F.S. Mollo, di Fulvio Terzi e a quelli ancora in
corso, non ultime le indagini effettuate dalla cattedra di archeologia medievale
dell’Unical, ma con la certezza di proseguire con profonda umiltà e sincera
dedizione i miei studi e le mie ricerche, consapevole degli sviluppi provenienti
dalle analisi e dalle conoscenze che sicuramente verranno approfondite nel
futuro dalla comunità scientifica.-
Dopo l’intervento dell’architetto Belcastro, non si può che tornare a parlare di bellezza
attraverso l’allestimento di una mostra presso il Palazzo della Curia arcivescovile,
realizzata dagli alunni del biennio del Liceo Artistico di San Giovanni in Fiore. Gli
alunni, con le loro opere, hanno pensato di porre l’attenzione su questo legame tra la
Cattedrale di Cosenza e l’Abbazia Florense, legame trovato nei rosoni, che hanno
riprodotto e interpretato con le loro similitudini e differenze. I due rosoni- come spiega
il prof. Vincenzo Calfa, docente di tecniche pittoriche-sono stati realizzati con
carboncino e gessetto sulla carta da imballaggio. I ragazzi hanno voluto anche
omaggiare la Cattedrale che ci ha ospitati, con due quadri. Il primo rappresenta la
cattedrale com’era in origine, realizzato su tavola su cui è stata praticata un’imprimitura
in gesso e colla ed è stato scelto il monocolore per dare un effetto antichizzato. L’altro
quadro, realizzato con una tecnica più moderna, rappresenta la Cattedrale oggi.
Non poteva mancare la riproduzione del quadro raffigurante la Madonna del Pilerio,
simbolo della città di Cosenza. L’opera-precisa il prof. Calfa- è stata realizzata su tavola
ed è stata resa ancora più preziosa grazie all’applicazione sullo sfondo della foglia d’oro.
Gli alunni e i docenti hanno poi voluto ricordare l’arcivescovo Francesco Nolè,
scomparso recentemente, attraverso la creazione di un busto in gesso, anche gli occhiali
sono stati realizzati a mano nel laboratorio di oreficeria della scuola.
Gli alunni insieme al prof. Giulio Faragasso, docente di tecniche plastiche, hanno
realizzato due bassorilievi, uno raffigurante i due rosoni messi a confronto e l’altro
raffigurante l’icona della Madonna del Pilerio.
Sempre per rendere omaggio alla figura dell’Arcivescovo Nolè è stata realizzata una
vera e propria opera di oreficeria, raffigurante lo stemma episcopale. L’opera è stata
creata attraverso l’utilizzo di varie tecniche orafe- sottolinea il Prof. Giovanni
Porcelli,docente di design del gioiello,- tra cui quella dello smalto a fuoco, lavorazione che ha origini molto antiche risalenti all’incirca a oltre 2800 anni a.C. Lo smalto è un
materiale vetroso, la cui origine si fa risalire agli antichi Egizi, oltre 2800 anni a.C. La
sua storia viaggia di pari passo a quella del vetro, di cui lo smalto è parente assai
prossimo per composizione e caratteristiche.
L’applicazione dello smalto su metalli più o meno preziosi, si diffuse in tempi antichi
a Bisanzio e successivamente in tutta Europa,dove, nel Medioevo, vide i suoi trionfi in
Georgia, in Italia e poi in Francia ed in Germania, ma anche in India e in Cina.
Nello stemma-ci spiega il Prof. Porcelli- è rappresentato il “simbolo” stesso del
francescanesimo, il T (tau) che accoglie le due mani crocifisse, Cristo e San Francesco,
segno di una comunione e di una santità che si può raggiungere solo se si partecipa
intensamente e con radicalità alla passione di Gesù, fino alla Crocifissione, per gustare
anche la potenza della resurrezione (cf Ef 3,10); il mare e i monti su cui si erge il T
simboleggiano la profondità e l’altezza della presenza di Dio che ci copre, ci innalza,
ci avvolge e ci protegge, ma simboleggia anche la ricca e affascinate conformazione
morfologica della Diocesi di Tursi-Lagonegro prima e di Cosenza-Bisignano ora,
bagnate dal mare e costellate di vette e alture purissime.
Le due stelle, infine, rappresentano, la mamma celeste e quella terrena, figure
fondamentali nella vita di monsignor Nolè.
Le opere in mostra- hanno tenuto a sottolineare i docenti intervenuti- sono state
realizzate da giovani artisti promettenti di un’età compresa tra i 14 e i 15 anni, che
grazie alla guida dei docenti di indirizzo, si dedicano con competenze ed entusiasmo
ad arricchire il patrimonio culturale del territorio grazie al loro impegno scolastico e
alla qualità della loro espressione artistica. Il liceo artistico si conferma, ancora una volta, un’eccellenza del nostro territorio e un’agenzia educativa d’avanguardia.

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