“Al fine di chiarire gli indirizzi delle scelte dell’azienda Abramo Customer Care S.p.A. ed in riscontro a quanto accaduto e riportato da diversi organi di stampa in questi giorni, relativamente al centro operativo di Crotone, occorre intanto ribadire e confermare la ferma volontà della società a mantenere intatto l’impegno al mantenimento ed al rafforzamento del centro crotonese”. È quanto scrive in un comunicato il gruppo Abramo Customer Care a pochi giorni dal licenziamento di 400 operatori della sede crotonese. “Allo stesso modo si intende ribadire che Abramo Customer Care si sta pedissequamente attenendo alle norme vigenti in materia di diritto del lavoro che, come tutti i cambiamenti, hanno generato una trasformazione del modello organizzativo. Nessun licenziamento è stato effettuato e l’oggetto del contendere riguarda – ribadisce l’azienda – contratti a tempo determinato giunti a naturale scadenza. Invitiamo pertanto quanti si cimentano nella discussione ad utilizzare professionalmente i termini corretti. A tanti attori di questa diatriba, però, sfugge il contributo che questa realtà aziendale, dopo il dramma della chiusura delle fabbriche, ha dato e continua a dare al territorio da venti anni a questa parte. A tanti osservatori poco attenti sfugge che il centro crotonese è il più grande dei centri Abramo; ma soprattutto a molti sfugge che le risorse presenti sul centro di Crotone sono attualmente circa 1900. Venti anni di azienda presente a Crotone, mai un’ora di ammortizzatori sociali, mai una data sbagliata nel pagamento delle retribuzioni e soprattutto mai una mortificazione per il territorio. Questo è un dato oggettivo che nessun commento ‘social’ può ribaltare. Per chi avesse poca conoscenza del settore dei contact center, occorre precisare che Abramo Customer Care, come tutti i contact center in outsourcing lavora avendo, soltanto mese per mese, la precisa conoscenza dei volumi delle attività da gestire e soprattutto lavora perché i committenti esternalizzano le attività che internamente e temporaneamente non riescono a gestire. I contratti tra l’altro sono nella maggior parte dei casi annuali e soprattutto non prevedono garanzie di volumi. Motivo per cui il requisito più rilevante per la competitività di un’azienda come Abramo Custome Care è la flessibilità offerta al committente. A solo titolo esemplificativo e sempre per chi non conosce il settore lasciandosi andare a facilissime esemplificazioni giuslavoristiche, la società che offre servizio h24 sette giorni su sette è certamente più competitiva di chi offre lavoro 5 giorni su 7. Il servizio che offrono i contact center in outsourcing si caratterizza per la presenza di attività stagionali ma ripetitive. Per cui per alcuni periodi dell’anno, e per più anni, vengono gestiti picchi di lavorazione in aumento e per altri periodi flessi di lavorazione. In estrema sintesi il settore, ha assoluta necessità della flessibilità contrattuale. L’invito che rivolgiamo a tutti è quello di sedersi attorno un tavolo per trovare insieme formule strutturali che possano permettere di mantenere, consolidare e sviluppare l’unica forma di lavoro che in periodi di difficoltà economica del paese ha garantito un minimo di potere d’acquisto in territori come il nostro. L’abbattimento del cuneo fiscale per i settori labour intensive ed il ripristino delle condizioni di maggiore flessibilità sono due elementi che riteniamo imprescindibili. Alle condizioni normative attuali l’Azienda, per la gestione di una nuova attività della durata di 10 mesi non potrebbe richiamare i contratti scaduti seppure con 16 mesi di anzianità”. “In un contesto di mercato segnato dall’elevata flessibilità, in un contesto di Paese caratterizzato da una ancora debole ripresa, la risposta non può essere un semplice ricorso alla stabilizzazione. Si creino le condizioni per la stabilità e noi saremo i primi a stabilizzare. Le distanze vanno ridotte non annullate. Un flesso dei volumi come quello gestito attualmente, se le risorse fossero state assunte a tempo indeterminato, avrebbe portato all’apertura di crisi aziendale, tavoli ministeriali, ammortizzatori sociali, spesa pubblica e soprattutto avrebbe messo a rischio – conclude la nota – il lavoro delle altre 3200 famiglie che da anni collaborano con la nostra azienda e che hanno fatto di Abramo uno dei leader delle aziende del settore. Questione di scelte”